This Man - Confessed



Traduzione a cura di Laura.

Sito autrice in cui si trova la Scena Bonus:http://www.jodiellenmalpas.co.uk/blog/
“Waiting to Wed”
“Aspettando il matrimonio”

by Jodi Ellen Malpas
Copyright © 2016 Jodi Ellen Malpas
The moral right of Jodi Ellen Malpas to be identified as the author of this work has been asserted in accordance with the Copyright, Designs and Patents Act of 1988. All rights reserved.
Scena bonus dalla serie “This Man” con il punto di vista del Lord Jesse Ward




Sono agitato. Lei è solo qualche metro lontana da me, sopra nella nostra suite che si prepara per sposarmi, ma troppo lontana per essere toccata. Per un contatto costante. Fanculo, questa è una tortura.
La mia testa casca indietro e guardo il soffitto, cercando di trovare qualche pensiero che riesca a calmarmi.
Non funziona. Ho dei problemi seri. Guardando il mio Rolex, noto a malincuore che sono passati solo cinque minuti dall’ultima volta che ho controllato. Il tempo è mai passato così fottutamente lento? Mi alzo dalla sedia e faccio un altro giro del mio ufficio… Per la centesima volta.
“Cazzo!” Mi tiro i capelli come se cercassi di trovare la ragione nella mia mente stressata.
Dieci ore – questo è il tempo che è trascorso da quando quella rompipalle della madre di Ava mi ha sfrattato dalla stanza con la stupida scusa delle tradizioni. Cosa accadrebbe se facesse cambiar idea ad Ava e lei decidesse di non sposarmi più? Se le avesse sottolineato la mia età o il poco tempo che abbiamo avuto per conoscerci?
“Cazzo!” Riprendo il mio ritmo e faccio un altro giro del mio ufficio.
Sto per farmi venire delle cazzo di vertigini.
Il bussare alla porta mi ferma.
“Cosa?” Abbaio, collassando nella sedia con il mio culo che la colpisce forte.
Poi la mia fronte colpisce la scrivania.
Ancora e ancora e ancora.
“Stupido figlio di puttana.” John ride. Chiude la porta e raggiunge la scrivania, il divertimento è stampato sulla sua faccia mentre guarda la mia t-shirt.
“Stavi correndo?”
“Potrebbe.”
“Nervoso?”
“Non sono nervoso.” Sbuffai, prendendo una penna e giocandoci tra le dita in modo molto nervoso. “Sono impaziente.”
John sorride, un sorriso raro, tutto bianco e ironico. “Cosa ti turba?”
“Nulla!”
Cominciò a ridere – una risata rumorosa che farebbe tremare casa, qualcosa di più raro dei sorrisi. Sono un cavolo di scherzo.
“Jesse, datti una cavolo di calmata. Quante ore hai dormito? Hai un aspetto di merda”
“Lo so.” Borbottai, posando la penna sulla scrivania per passarmi le mani sulla faccia.
“Non ho dormito.”
“Per niente?”
Mostro il viso a John e lui annuisce pensieroso. “Avrei dormito perfettamente, se non fossi stato trascinato via dalla mia ragazza.”
“Elizabeth?”
“Sì, la cazzo di Elizabeth.” Confermai. Mi appoggiai allo schienale della sedia e misi i piedi sulla scrivania, chiusi gli occhi e inspirai. Il mio cavolo di cuore sta scalpitando, minacciando di farsi strada nel mio petto.
“Una dannata spina nel fianco.”
“È sua madre.” John ride. “Per quanto ti piacerebbe, non puoi separare la tua ragazza dalla madre.”
“Lo so.” Gli concedo, desiderando l’opposto.
Vorrei poter far sparire tutti, portare via Ava da tutto quello che interferisce nel nostro mondo privato di felicità e di costante contatto.
Il paradiso mi viene subito in mente, ma scarto subito l’idea per ciò che potrebbe trovarmi lì.
“Che ore sono?”
“Le dieci passate.” Dice John mentre il suo telefono inizia a squillare dalla sua tasca.
Tirandolo fuori si alza e risponde con un grugnito. “Arrivo.”

“Chi?” Gli chiedo.
“Nulla di cui tu ti debba preoccupare, triste figlio di puttana.” Va verso la porta.
“Ehi, John.” Lo chiamo, si gira guardandomi incuriosito. “Hai scritto il tuo discorso?” Faccio un mezzo sorriso al pensiero di lui sotto i riflettori come mio testimone. Odierà ogni singolo istante. Non mi dà soddisfazioni, nessun cenno di nervosismo, nulla che mi faccia sentire meglio. Coglione.
Annuisce e mette la mano nella sua tasca. “Vuoi sentirlo?”
Il mio sorriso si allarga, “Vai.” Mi metto comodo ma la mia fronte si acciglia alla vista di un post-it.
Mette il suo enorme pugno davanti alla bocca e tossisce. “Jesse Ward è una cazzo di spina nel fianco. Congratulazioni Ava. Ti sei accaparrata una irragionevole testa di cazzo.”
Il mio cipiglio si trasforma in una smorfia mentre lui ripiega attentamente il suo discorso nella tasca. “Vaffanculo.” Borbottai, prendendo la penna e gettandola nell’ufficio.
E viene deviata dalla sua traiettoria con un colpo della sua mano, mentre ride.
Ma ad un tratto si fa serio.
“Un po’ diverso dall’ultima volta, eh?”
Solo la menzione del mio passato fa battere il mio cuore più forte e fa sì che mi alzi in piedi, più agitato di prima.
“Vuoi dire perché non sono stato ancora buttato fuori dal corridoio?” Gli chiedo mentre mi avvicino alla porta, decidendo che un’altra corsa è l’unica soluzione mentre Elizabeth fa da guardia alla mia ragazza.
Sorpasso John che si sposta saggiamente dalla traiettoria e corro lungo il corridoio, entrando nella summer room, di cui a stento noto la spettacolarità.
Ho bisogno di aria fresca.
“Calmati, figlio di puttana.” Il tono di John ha preso una nota di preoccupazione.
“Sto bene.” Grugnisco, mettendomi a correre prima di arrivare all’entrata del Maniero e resistendo al bisogno di guardare le scale mentre passo.
Sento l’urlo della nostra wedding planner mentre mi chiama ma mantengo la mia velocità, le mie gambe come pistoni mentre colpiscono il vialetto di ghiaia.
Il sole è caldo sulla mia faccia, l’aria di campagna è fresca, ma la mia cavolo di mente continua a correre e ora è invasa dai ricordi dolorosi del mio passato.
Carmichael. Alcol. Lauren… Una bellissima bambina bionda.
Mi fermo di fronte ad un albero per tirare un pugno con rabbia.
“Fanculo!” Urlo, riuscendo in tempo ad evitare che il mio pugno finisca nel tronco dell’albero. Quello che colpisce la corteccia invece è la mia fronte, gli occhi che bruciano di vecchie lacrime.
Respira. Respira. Respira.
Ho bisogno di lei, ora più che mai. “Merda.”
Torno indietro, passando tra le macchine dirette verso il Maniero, alcuni membri dello staff allungano i colli mentre corro nella direzione opposta, senza che io li saluti con la mano o con un cenno.
Sono concentrato solo sulla strada davanti a me, scacciando i pensieri indesiderati, le mie gambe mi stanno trasportando tanto che non riesco più a sentirle.
Mi muovo a zig-zag tra i due lati del vialetto cercando di allungare il percorso che mi porterà ai cancelli, mentre la ghiaia viene schiacciata sotto i colpi dei miei piedi.
Il clacson di una macchina inizia a far partire un coro mentre io mi allontano, e alzando lo sguardo vedo la Porsche di Sam che viene verso di me.
Non rallento, ma lui sì, fino a quando non si ferma davanti a me.
“Vecchio mio!” Dice mentre mette la sua macchina in retromarcia e si avvicina a me.
“Scappi?” Ride, i suoi occhi lanciano sguardi a me e allo specchietto retrovisore.
“Non fare il cretino.” Gli dico mantenendo la mia velocità.

“Ah, le fastidiose visioni della suocera.” Dice centrando il segno.
“Una cazzo di spina nel fianco.” Borbotto. Dovrei tirarle un bel calcio nel culo. Pensavo di farcela, di accontentare Ava nel suo desiderio di appacificare la madre. Ma, cazzo, mi sento come se il mio cuore stesse per esplodere. O fermarsi.
Sam si mette a ridere e schiaccia il freno, facendo un polverone prima di accelerare verso il Maniero.
Raggiungo la fine del viale e giro a destra, deciso a fare tre giri del terreno – tutto pur di ammazzare il tempo.
Normalmente non sudo poco quando corro, ma la mia t-shirt è bagnata fradicia, così me la levo e la lancio noncurante a terra per poi continuare la mia corsa, deciso a uccidermi di stanchezza.
Forse riuscirà a dormire nelle ultime ore di questa straziante attesa.
Sono solo a metà del mio secondo giro, il mio corpo sudato, le mie gambe intorpidite quando mi arrendo e mi dirigo verso il Maniero.
Ci ho provato, ci ho provato davvero cazzo, ma ho bisogno di vederla.
Non riesco a levarmi la voce assillante di Elizabeth mentre cerca di convincere Ava di aspettare un po’ o di ripensare alla sua decisione.
E mi sta facendo diventare matto!
Salgo gli scalini d’ingresso, facendo quasi cadere Mario mentre irrompo attraverso le porte.
“Mamma mia!” Urla Mario mentre barcolla all’indietro, per poi urlare oscenità in italiano ed inglese mentre salgo le scale quattro alla volta.
“Scusa!” Gli urlo, volando nel corridoio fino ad arrivare alla porta della suite.
Faccio per prendere la maniglia, ma mi fermo in tempo per pensare a cosa mi dirà sua madre mentre mi vedrà irrompere nella stanza.
Devo giocare bene le mie carte.
Così busso il più gentilmente possibile, ovvero che non è affatto gentile.
“Un minuto!” Elizabeth dice. Mi piego un po’ alla conferma della sua resistenza.
La porta si apre e i suoi occhi si spalancano. E poi grida, facendomi indietreggiare, le mie orecchie che quasi sanguinano.
“Maledizione, Elizabeth!” Mi copro le orecchie mentre mi urla parole in preda al panico per poi sbattermi la porta in faccia.
Le mie braccia cadono e così la mascella. “Ma che cazzo?” Prendo la maniglia e inizio a spingere tutto il mio peso contro, sapendo che dall’altra parte lei è premuta contro la porta nel tentativo di bloccare la mia entrata. Si sta sforzando invano.
“Apri la porta, Elizabeth!”
“Jesse, tu e io litigheremo se non fai come ti dico.”
“Non litigheremo, mamma, se mi lasci entrare.” Sorrido, pensando alla sua faccia arcigna per il modo in cui l’ho chiamata.
È davvero meravigliosa, ma sarebbe ancora meglio se smettesse i suoi incessanti tentativi di interferire e di allontanarmi da sua figlia.
“Jesse Ward, non hai il diritto di chiamarmi mamma quando ho solo nove anni più di te!” Sbuffa, ricordandomi ancora una volta che per lei la mia età è un problema.
Questo mi fa spingere contro la porta ancora più forte.
“Ora vattene! La vedrai tra mezz’ora.”
“Ava!” Urlo. Se sente che sono qua, non sarà capace di resistere e vedermi. Lo so. Fanculo le tradizioni.
“Jesse, no!” Elizabeth grida, la sua forza nel tenermi a bada è alquanto sorprendente.
“Oh no! Porta sfortuna. Non hai nessun rispetto per le tradizioni, uomo testardo?”
“Fammi entrare, Elizabeth.”

“No!” Ribatte secco e duro. Se avessi qualche domanda su dove la testardaggine della mia bellissima ragazza provenga, adesso non ne ho più. “Lui non… Oh! Jesse Ward!”
Sono fermo ma attento mentre supero la sua presa sulla porta ed entro nella suite, analizzando immediatamente gli spazi per trovare il mio angelo.
Il mondo si ferma quando la vedo, come se fosse ancora la prima volta.
“Ecco!” Elizabeth sputa. “Ava, digli di andarsene!”
Gli occhi di Ava incontrano i miei e una silenziosa intesa passa tra di noi. Lei sa di cosa ho bisogno. “Va tutto bene, mamma, dacci solo cinque minuti.”
Sorrido dentro di me, cercando di tenere quel piccolo pezzo di rispetto che ho per Elizabeth, il quale mi sta impedendo di saltare addosso ad Ava prima che sua madre ci lasci.
Kat entra “Vieni, Elizabeth. Qualche minuto in più non faranno male.”
“È tradizione!” Grida di nuovo mentre mi supera, i suoi occhi notano il segno sui miei pettorali. “Cos’è quel livido sul petto?”
Le mie spalle si rilassano mentre sento la porta chiudersi, ma sono troppo occupato a perdermi negli occhi color cioccolato di Ava per controllare di essere davvero soli.
Il suo sguardo vaga su tutto il mio corpo sudato, quasi ad accertarsi che ogni centimetro, muscolo e curva, prima che i suoi occhi rincontrino i miei.
Ho un promemoria migliore in mente.
“Non voglio distogliere i miei occhi dal tuo viso.” Sussurro, il mio cazzo comincia a contrarsi incessantemente al pensiero di vederla in pizzo se lasciassi cadere il mio sguardo. Cazzo, la conferma sarebbe capace di farmi esplodere nei pantaloni.
“No?”
“Vedrò pizzo se lo faccio, vero?”
Lei annuisce.
“Pizzo bianco?”
“Avorio.”
Oh Gesù, Cristo Santo. “E sei più alta, quindi indossi i tacchi.”
Continua a non dire nulla, solo piccoli cenni con la sua squisita testa.
Sto cercando di fare del mio meglio, ricordandomi che ci sposeremo tra una sola mezz’ora e che è bellissima e splendida, non che abbia bisogno di quella merda di cosmetici. Ma non riesco più a trattenermi e…
Por…ca put…tana.
Faccio un grosso respiro. Pizzo. Tanto, tanto pizzo.
“Hai appena scavalcato mia madre.” Riesco a sentire pura e cruda lussuria nella sua voce, e mi sorprende quando avanza venendomi vicino, senza dar conto al mio petto sudato vicino al sua pizzo perfetto.
“Era sulla mia traiettoria” Le rispondo, osservando i suoi occhi marroni scivolare sulle mie labbra.
“Porta sfortuna. Non dovresti vedermi prima del nostro matrimonio.”
“Impediscimelo.” Non ci riesco, non quando lei è così vicina. Poso la mia bocca sulla sua, mantenendo il mio corpo lontano da un qualsiasi contatto. Altrimenti è game-over. “Mi sei mancato.”
“Dodici ore.”
“Troppo tempo.” Le lecco pigramente le labbra, adorando il gemito e le sue mani sui miei bicipiti, ma odiando il sapore persistente dell’alcol. “Hai bevuto.”
“Solo un sorso.” Non mente, cosa che mi sorprende. “Non dovremmo farlo.”
“Non puoi guardarmi così e dire certe cose, Ava.” La bacio più forte sapendo che così non sarà in grado di negarmi. E non lo fa. Le nostre lingue si incontrano e cadono in un ritmico ondeggiare di ritirata e stoccata,ognuno attento a far sapere all’altro il suo piacere con gemiti e ansiti.“Jesse, faremo tardi al nostro matrimonio.”
“Non chiedermi di smettere di baciarti, Ava.” Mordicchio la mia strada verso il labbro inferiore e lo tiro delicatamente. “Non dirmi mai di smettere di baciarti.”
Cado in ginocchio portando Ava con me, usando un po’ di tempo solo per sentirla vicino a me, chiedendomi come cazzo ha fatto un figlio di puttana come me ad essere benedetto ed avere una splendida donna come lei.
Sono così incredibilmente felice, ma terrorizzato allo stesso tempo.
C’è ancora così tanto che lei deve sapere, e io sono uno stolto a pensare che portandola all’altare così velocemente lei, una volta venuta a conoscenza, non scapperà via.
I miei occhi passano in rassegna lentamente la sua pancia piatta, ma questa volta non lo nota.
So che lei è a conoscenza di ciò che ho fatto, che sono stato subdolo e meschino… ma è sempre qui.
Questo vorrà dire qualcosa, no? Altrimenti perché cazzo non ne parla? Perché non lo faccio io? Perché ho paura, ecco perché. So a malapena cosa cavolo farò da un minuto all’altro. Ed è straziante. Sono un vero casino.
Trovo i suoi occhi e piango dentro di me per questa donna di cui mi sono follemente innamorato, e ancora mi chiedo se lei prova lo stesso alla mia stessa densità. Sono così grato, ma allo stesso tempo perplesso.
“Sei pronta a farlo?”
Le sue bellissime sopracciglia si aggrottano. “Mi stai chiedendo se ti voglio sempre sposare?”
“No, non hai scelta. Sto solo chiedendo se tu sei pronta.”
“E cosa accadrebbe se dicessi di no?” Sta giocando con me, il suo sorriso lo conferma.
“Non lo farai.”
“Perché chiederlo?”
Faccio spallucce. “Sei nervosa. Non voglio che tu lo sia.” Questa è una richiesta ridicola dopo la mia mattinata al Maniero.
“Jesse, sono nervosa per il dove ci stiamo sposando.”
Il piacere che provavo nell’avere un contatto diminuisce alla menzione delle sue riserve. “Ava, tutto è stato curato nei minimi dettagli. Ti avevo detto che non hai nulla di cui preoccuparti. Fine della storia.”
“Non posso credere che tu mi abbia convinta a farlo.” La sua voce ha un tono sconfitto, dubbioso, la sua testa si china dando fine al nostro contatto visivo.
Le sue parole e le sue azioni sono una piccola ferita. Voglio che lei abbia fiducia in me, che non dubiti mai di me, cosa che è assurda da desiderare visto le mie azioni e comportamenti da quando l’ho incontrata. Le sto chiedendo troppo, eppure non mi ferma dal chiederlo lo stesso.
Catturo subito il suo viso, mettendolo davanti al mio, con il disperato bisogno di farmi vedere da lei. Per farle vedere quanto la amo. È la mia unica arma.
“Ehi, smettila adesso.” Le ordino dolcemente.
“Mi dispiace.”
“Ava, piccola, voglio che tu ti goda la giornata senza preoccuparti di qualcosa che non succederà mai. Non succederà mai. Non lo sapranno mai, lo prometto.”
Ho barricato la sala comune e mi sono assicurato che nessuna prova faccia capire cosa accade qua.
La sua famiglia non lo saprà mai.
Posso vedere che le mie parole hanno effetto quando la tensione si scioglie e mi guarda un po’ in colpa, cosa che mi fa sentire di merda. Non ha nulla di cui sentirsi colpevole. “Ok.” Mi dice in modo assertivo, con fiducia, cosa che fa aumentare il mio amore per lei ancora di più.
Non ho fatto nulla per meritarmi quella fiducia.
Lasciandola sul pavimento, vado verso la cassettiera e cerco un asciugamano prima di tornare da lei in ginocchio. Mi asciugo un po’ del sudore dalla mia faccia e dai capelli con una passata veloce, per poi passarlo sul petto sudato.
“Vieni qui.” Apro le braccia ed adoro il fatto che non esiti un secondo ad arrampicarsi sul mio petto per sedersi sulle mie ginocchia.
“Meglio?” Le stringo una coscia, il mio corpo si rilassa ora che lei è dove appartiene.
“Molto meglio. Ti amo, mio Lord.”
Mi metto a ridere, la felicità che assale il mio corpo stanco, riportandolo completamente in vita.
“Pensavo di essere il tuo Dio.”
“Anche quello.”
“E tu sei la mia tentatrice. O potresti essere la mia Lady del Maniero.”
Si allontana rapidamente da me. “Non sarò la Lady del Maniero del Sesso!”
Ridacchiando la riporto contro il mio petto, le mie mani frenetiche, il mio naso intento ad inalare il suo dolce profumo. “Qualunque cosa tu voglia, mia Lady.”
“Solo Lady va bene.” Respira, “Sono così innamorata di te.”
“So che lo sei, Ava.” Il mio senso di colpa si espande.
“Devo finire di prepararmi. Dopotutto mi sto per sposare.”
Di nuovo sto sorridendo. “Davvero? Chi è il fortunato bastardo?”
Si allontana di nuovo da me guardandomi attentamente. “Lui è un difficile maniaco del controllo.” Il suo piccolo palmo accarezza il mio ruvido viso.
“È attraente.” La sua voce si fa più profonda facendomi eccitare di nuovo. “Quest’uomo mi toglie il respiro quando mi tocca, e mi scopa finché non sono delirante.”
Resisto alla tentazione di riprenderla per aver detto parolacce, in realtà desidero che continui a dirmi cosa ama così tanto di me.
Nulla può batterlo, a parte quando mi bacia, cosa che fa partendo dal mio mento facendosi strada per le labbra.
“Non vedo l’ora di sposarlo. Dovresti andare così non lo faccio attendere.”
“Cosa direbbe quest’uomo se ti vedesse baciare un altro?”
Sento il suo sorriso sulle mie labbra. “Oh, probabilmente lo castrerebbe e dopo gli offrirebbe una cerimonia funebre – quel genere di cose.”
Faccio finta di essere scioccato. “Sembra un tipo possessivo. Non penso di essere capace di affrontarlo.”
“Non ci riusciresti. Ti schiaccerebbe.” Scrolla le sue dolci spalle facendomi ridere divertito. Mi conosce così bene. “Felice?” Mi chiede.
“No, me la sto facendo sotto.” La porto con me mentre cado sulla schiena. “Ma mi sento coraggioso. Baciami.”
Lei non mi fa attendere un attimo, ottima scelta. È da tutte le parti, dimostrandomi quanto irresistibile mi trovi.
Ho deciso che domani andrò in Chiesa per ringraziare Dio per il dono di questa speciale ragazza.
“Jesse Ward! Allontana quel corpo sudato da mia figlia!”
Alzo gli occhi a quel grido familiare, mentre Ava dona alle mie orecchie la sua risatina, mentre continua a tempestare di baci la mia faccia.
Non la fermo. Sua madre può aspettare.
“Ava! Puzzerai. Alzati! Tessa vieni ad aiutarmi?”
Le unghie di Ava scavano nei miei bicipiti mentre sua madre cerca di allontanarla da me.
Ma non si arrende tanto facilmente, la mia insolente piccola tentatrice. Sto sorridendo come un pazzo.
“Mamma!” Le urla, allontanando le mani. “Fermati! Mi alzo!”
“Allora alzati! Ti stai per sposare tra mezz’ora, i tuoi capelli sono un disastro e hai infranto una tradizione,

rotolando sul pavimento con il tuo futuro marito. Tessa, diglielo!”
La nostra spaventosa wedding planner si avvicina e mi lancia un’occhiata di disapprovazione mista a un po’ di lussuria. “Sì, vieni Ava.”
“Va bene, va bene.” Ava finalmente cede, si alza lasciandomi disteso sul pavimento.
“Oh, guardati.” Elizabeth inizia a punzecchiare e rassettare la mia ragazza mentre lei guarda in basso verso di me, le sue lussureggianti labbra sono curvate maliziosamente. Mi alzo sui gomiti per una vista migliore. “Siete una coppia di bambini.” Poi i suoi occhi si induriscono, facendomi mortificare un po’. “Fuori.”
“Va bene.” Mi arrendo prima di rovinare il rapporto con la mia futura suocera, sorridendo quando vedo Ava che lancia uno sguardo di avvertimento alla nostra wedding planner, che mi sta praticamente sbavando addosso.
Cazzo adoro quando è possessiva, la mia futura sposa.
“Mi occupo dello sposo!” Tessa dichiara, scacciandomi verso la porta. “Jesse, vieni.”
Qualcosa cattura il mio occhio. O più precisamente qualcosa che manca. “Aspetta.” La mia mano sfiora l’incavo della gola di Ava. “Dov’è il tuo diamante?”
“Merda!” Il suo panico è chiaro, la mano sul suo petto nudo dove prima giaceva ordinatamente il suo diamante.
“Merda, merda, merda! Mamma!”
Avrei accettato la prima imprecazione, ma quattro? “Ava! Per favore! Attenta a come cavolo parli!”
“Niente panico!” Elizabeth è in ginocchio in un secondo, intenta a cercare sul tappeto mentre i miei occhi passano tutta la stanza, cercando il diamante.
“Eccolo!” Tessa lo recupera dondolandolo in aria con l’aria compiaciuta.
Lo prendo più bruscamente di quanto volessi, levandoglielo dalle mani.
“Girati.” Le ordino. Ava ruota velocemente e glielo fisso saldamente intorno al collo.
“Ecco.” Non riesco a fare a meno di assaggiare il suo collo, spingendo il bacino in avanti automaticamente. Porca puttana! Non dovevo farlo. Sono un goloso masochista.
Elizabeth mette fine al momento. “Questo ti serva da lezione per aver amoreggiato sul pavimento. Adesso, fuori!”
Sono eccitato, ma penso sia meglio non andare oltre, sorrido mentre Ava si inchina e fa una giravolta sfacciante.
Venti minuti – ho venti minuti per lavarmi, farmi la barba, vestirmi e andare nella summer room per aspettare la mia bellissima ragazza.
Cazzo, non vedo l’ora.
Sono spinto fuori dalla porta prima che mi venga sbattuta alle spalle, mi aggiro per il pianerottolo sorridendo come se avessi vinto la lotteria e di aver scoperto la risposta per l’eterna giovinezza tutto assieme.
Entrando nella suite designata per me, sento il mio telefono squillare.
Sto sempre sorridendo mentre lo afferro e guardo lo schermo.
Il mio sorriso cade immediatamente.
Rifiuta, questo è quello che dovrei fare, ma non voglio farmela nemica, soprattutto oggi. Temporeggio per qualche secondo, digrignando i denti. “Cazzo.” Schiaccio il tasto per ricevere la chiamata. “Coral?”
“Non pensavo mi avresti risposto.”
“Allora perché chiamare?” La mia voce è brusca, ma non me ne importa. Ma non posso lasciare che perda la testa e sconvolga Ava. “Non è troppo tardi, sai?” Si sta aggrappando agli specchi.
Non so quante volte le ho detto la stessa cosa ma con parole diverse. “Coral, fatti un favore e vai avanti.”
Apro la doccia.
“Non posso.”

Alzo gli occhi al cielo ma lei va avanti prima che lo faccia io, il che probabilmente è una buona cosa. Sto perdendo la pazienza. “Posso stare al Maniero?”
“Cosa?” Sbotto io.
“Non ho nessun posto dove andare, Jesse. Mio marito mi ha cacciata di casa. Non ho niente! Hai promesso di aiutarmi.”
Quasi scoppio a ridere. “Neanche per idea! Cazzo, Coral. Avrai una famiglia, vai da loro.”
“Tu mi avevi detto che mi avresti aiutata! Questa è colpa tua.” Il suo tono accusatorio sta minando la mia calma.
“Come cazzo fa ad essere colpa mia? Tu hai fatto la richiesta ed io l’ho esaudita. Non ho mai accettato qualcosa di più.”
“Ma tu lo hai preso ogni volta che l’ho offerto.”
“Ero incazzato.” Mastico fuori le parole lentamente, prendendomi un asciugamano dallo scaffale. “Io sono innamorato di Ava, Coral. Oggi è il mio cazzo di matrimonio.”
“Non rinuncerò, Jesse. So che provi dei sentimenti per me.”
“Hai ragione!” Le urlo. “Ho dei sentimenti per te. Sento di volerti prenderti a schiaffi!”
“Non c’è bisogno di quello.”
“Ascoltami.” Sto iniziando a tremare, la felicità di poco prima è svanita. “C’è una donna in una stanza in fondo al corridoio che ha il mio cuore. Le appartengo, Coral. Non riesco a pensare ad altro se non al suo viso e al suono della sua voce. Lei consuma ogni grammo del mio pensiero, anche quando ho la tua frignante voce nell’orecchio. Non c’è una persona sulla verde fottuta terra del Signore che mai potrà recidere o influenzare ciò che provo per lei, tanto meno te.”
Faccio un profondo respiro. “Non ti vedo, Coral. Non vedo nessun altro che non sia lei e sono a venti minuti prima di renderlo ufficiale agli occhi del Signore. L’unica cosa che può separarci è la morte, hai capito?”
Lei non dice niente, ma sento un pianto sommesso. Non mi sento nemmeno in colpa. Non provo niente, a parte il bisogno di rivedere la mia amata. Riaggancio. Non ho tempo per questo e di certo non farò aspettare il mio angelo.
Mi lavo e raso la barba in quindici minuti precisi, per poi indossare il completo e dirigermi verso la porta.
Ma mi viene in mente qualcosa.
La soluzione perfetta.
Siamo stati separati per troppo tempo. Mai più. Non la perderò di vista per il resto della giornata. Contatto costante.
Prendo le manette ed esco dalla stanza per andare a prendere la mia ragazza.



Fine 


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